I prezzi non sono la fotografia dei fondamentali: asincronie e sfasamenti

Una delle affermazioni che chi frequenta i mercati finanziari sente più spesso è che “i prezzi non riflettono i fondamentali”.

Questo, molto spesso, aiuta gli investitori a giustificare il mantenimento di posizioni in perdita autoconvincendosi che sia il mercato a sbagliare.

Questo modo di ragionare, molto diffuso tra gli investitori, ignora il fatto che, soprattutto nel breve e medio periodo, i prezzi non vanno considerati come una fotografia dei fondamentali.

Quali sono i fondamentali?

Innanzitutto, infatti, si pone un primo problema: quali sono i fondamentali?

Di fronte ad un determinato quadro economico, diversi analisti esprimeranno le opinioni più disparate.

Le stesse banche centrali, negli ultimi anni, hanno dimostrato quanto difficile sia definire in modo oggettivo i fondamentali economici e a quali conclusioni errate si possa arrivare.

Si potrebbe dire che l’analisi dei bilanci aziendali può prestarsi ad un’analisi più oggettiva ma, anche qui, assunzioni diverse, per esempio, sul ritmo di crescita futuro di fatturato e utili, possono portare a valutazioni completamente diverse.

Molto difficilmente quindi si può dire che esistano fondamentali definiti in modo oggettivo che i prezzi dovrebbero riflettere.

È tuttavia anche sbagliato considerare prezzi e fondamentali come due realtà completamente separate. In molti casi, i prezzi diventano essi stessi fondamentali. Si pensi per esempio all’effetto di un calo del mercato azionario. Questo potrebbe comportare un aumento dell’avversione al rischio da parte degli investitori che potrebbero domandare un premio maggiore per acquistare i titoli obbligazionari emessi dagli emittenti di obbligazioni corporate. In questo caso, il ribasso del prezzo azionario, si traduce in un aumento dei costi di finanziamento che incide a tutti gli effetti sui fondamentali delle imprese.

George Soros, nella sua teoria della riflessività, mette in evidenza come i mercati siano capaci di influenzare i fondamentali che dovrebbero riflettere. Vi è una differenza sostanziale tra i fenomeni naturali e quelli sociali. Un fenomeno naturale può essere osservato senza che lo stato d’animo dell’osservatore ne alteri le caratteristiche. Nel mondo dei fenomeni sociali, gli investitori osservano gli eventi ma ne sono anche parte. Con le loro decisioni, prese sulla base della propria percezione personale degli eventi, sono capaci di cambiarne l’evoluzione e la percezione futura. In alcuni casi questo porta ad una sorta di “profezia” che si auto-avvera.

Lo sfasamento temporale tra prezzi e fondamentali

Una caratteristica fondamentale dei mercati finanziari è l’esistenza di uno sfasamento tra l’andamento dei prezzi e quello delle variabili fondamentali.

In particolare, al contrario di quanto si potrebbe ritenere, sono i prezzi che spesso anticipano i fondamentali; tendono, cioè, ad incorporare in anticipo informazioni che non sono ancora percepite dal singolo investitore.

In particolare, al contrario di quanto si potrebbe ritenere, sono i prezzi che spesso anticipano i fondamentali; tendono, cioè, ad incorporare in anticipo informazioni che non sono ancora percepite dal singolo investitore.

In altre parole, il mercato azionario non aspetta le cattive notizie per cominciare a scendere, ma lo fa quando l’economia è ancora solida, e non aspetta le buone notizie per risalire in quanto spesso trova un minimo proprio quando l’economia è ancora in recessione.

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Questo trae in inganno molti investitori privati che pensano di uscire dal mercato in fase di ribasso per rientrare solo quando la situazione economica sarà ritornata favorevole. Il mercato avrà a quel punto però già anticipato i fondamentali e sarà già risalito considerevolmente.

I prezzi non sono quindi la fotografia di una situazione esistente ma sono un meccanismo molto efficiente nell’incorporare le aspettative per il futuro, spesso prima che queste diventino evidenti anche ai singoli investitori.

Nel 1906, lo scienziato Francis Galton introdusse il concetto di “saggezza delle folle”. Ad una fiera di bestiame a Plymouth, Galton raccolse le stime di circa 800 partecipanti ad una competizione per indovinare il peso di un bue. Come è facile immaginare, le singole stime risultarono molto diverse tra loro ma, quando Galton ne fece un’analisi statistica, la loro media risultò coincidere pressoché esattamente con il peso del bue.

Questo esperimento aprì la strada all’idea che un gruppo fosse migliore nelle sue previsioni anche del più brillante dei suoi componenti.

Si tratta di un aspetto che ricorda molto la capacità dei mercati di anticipare gli eventi: un gruppo nella sua interezza, il mercato, risulta generalmente molto più accurato nelle sue previsioni anche dei più sofisticati investitori.

Questo non vuol dire che non possano formarsi distorsioni nell’andamento dei prezzi che portano a bolle speculative o ondate di panico. Un gruppo è tanto più efficiente quanto maggiori sono le diversità di opinioni e tanto più le decisioni dei singoli vengono prese in condizioni di indipendenza.

In alcune circostanze, si pensi alla bolla dot.com per esempio: l’indipendenza di giudizio dei singoli è minata da una visione di consenso che diventa totalizzante e che è capace di orientare le decisioni nella stessa direzione. Le opinioni dei singoli non sono più indipendenti ma vengono influenzate dalle opinioni degli altri.

Sebbene delle distorsioni come le bolle esistano, è indubbio che i mercati abbiano una efficacia predittiva sorprendente rispetto al futuro.

Per concludere, il fatto che i mercati non riflettano i fondamentali, o che almeno vi sia uno sfasamento temporale, è la regola piuttosto che l’eccezione. L’assunzione di equilibrio e di perfetta conoscenza da parte degli investitori, propria di molti modelli economici, non rispecchia la realtà.

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