L’economia feudale del XXI secolo

Immagina di tornare indietro di mille anni, nel cuore dell’Europa medievale.

Il contadino vive e lavora su un terreno che non è suo. Ogni anno semina, raccoglie, fatica… ma una parte consistente del raccolto finisce dritta nelle mani del signore feudale. In cambio, ottiene protezione, il diritto di rimanere sulla terra e la possibilità di continuare a coltivare.

Ora spostiamo lo scenario al XXI secolo. Non c’è più il signore nel castello, ma un governo che controlla la chiave d’accesso a una risorsa cruciale: la tecnologia di punta.

Ad aprile, l’amministrazione Trump ha sospeso la vendita di chip per computer avanzati alla Cina per motivi di sicurezza nazionale. Adesso, Washington ha consentito a Nvidia e AMD di riprendere le vendite dei chip H20 e MI308, utilizzati nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. L’accordo prevede che Nvidia e AMD paghino al governo degli Stati Uniti il 15% dei ricavi derivanti dalla vendita di chip AI in Cina.

Stressando il concetto questa è, in fin dei conti, economia feudale, un approccio che gli USA stanno utilizzando sia con gli altri paesi, sia con le aziende private.

Nel 2024, le vendite di NVIDIA in Cina hanno raggiunto circa 10 miliardi di dollari, rappresentando il 17% del fatturato totale dell’anno. Si stima che quest’anno il fatturato in Cina potrebbe raddoppiare, toccando i 20 miliardi di dollari.

Quanto è sostenibile questo accordo?

Chiaramente, per grandi aziende con una posizione quasi monopolistica come NVIDIA, è sicuramente sostenibile dal punto di vista economico, inoltre, per queste tipologie di imprese, è più semplice negoziare termini contrattuali favorevoli. Ma cosa accadrebbe se questo approccio venisse esteso ad altre aziende e settori? Come reagirebbero i mercati finanziari a questa crescente ingerenza statale?

Crediamo che queste decisioni generino incertezza tra gli investitori. Questi potrebbero temere che, in futuro, le aziende in cui hanno investito siano costrette a versare una parte del loro fatturato allo stato per poter operare liberamente.

Tuttavia, è fondamentale considerare anche le motivazioni (legate alla sicurezza nazionale e al ruolo dell’AI) del presidente Trump. La sua figura pubblica e l’eredità del suo mandato sono di grande importanza per lui. È improbabile che voglia estendere politiche così aggressive ad altre aziende più vulnerabili, poiché questo potrebbe causare ribassi nei mercati finanziari che danneggerebbero la sua immagine, specialmente in vista delle elezioni di metà mandato.

Nonostante la narrativa di mercato positiva, con i mercati azionari che continuano a fare nuovi massimi, esiste comunque un certo grado di incertezza latente. Elementi come i dati sull’occupazione, l’interrogativo su chi sosterrà il costo dei dazi (aziende o consumatori) e le altre politiche economiche e commerciali del presidente contribuiscono a questo stato di cose. Tuttavia, questa incertezza non è ancora evidente, e i mercati continuano a essere sostenuti da numerosi investitori pronti a “comprare il ribasso”.

Per questo motivo, è fondamentale adottare una prospettiva di investimento guardando a 12-18 mesi nel futuro. Ed è inoltre cruciale analizzare le inclinazioni e le preferenze personali dei soggetti chiave coinvolti nelle decisioni economiche e i loro obiettivi.

Trump farà di tutto per completare il suo mandato nei migliori dei modi, e un mandato con i mercati che crollano, per cultura americana, non è un buon mandato. Questo è il motivo per cui è plausibile che il presidente cerchi di assicurarsi il controllo della politica monetaria, per poter sostenere i prezzi delle azioni nel caso in cui gli investitori iniziassero a scontare le incertezze che si stanno manifestando. In quest’ottica sembra che i mercati stiano già scontando un presidente della Fed più accomodante.

Finché esisterà la percezione di avere un “asso nella manica” da giocare, gli investitori rimarranno ottimisti e i mercati continueranno a salire, o almeno sono poco probabili crolli significativi. Una potenziale ingerenza nelle politiche monetarie, in particolare, viene vista come un’enorme rete di sicurezza che spinge gli speculatori ad acquistare.

Tuttavia, il vero rischio si paleserà quando queste politiche accomodanti saranno effettivamente messe in atto. A quel punto, i mercati potrebbero reagire in modo imprevedibile. Guardando a 12-18 mesi di distanza, potrebbero iniziare a scontare un’eventuale futura incapacità di manovra da parte di una banca centrale che si è dimostrata eccessivamente accomodante, unita a politiche economiche che potrebbero rivelarsi destabilizzanti.

Ad oggi, come abbiamo già discusso in precedenza, riteniamo che siano i mercati stessi a guidare la narrativa e l’interpretazione degli eventi da parte degli analisti, e non viceversa. In un contesto di mercato in ascesa, anche notizie negative possono essere reinterpretate in chiave positiva. Questa dinamica riflette la psicologia degli investitori. 

L’ottimismo e la propensione al rischio tendono a prevalere quando il sentiment generale è rialzista. Di conseguenza, al momento, le sfide economiche o geopolitiche vengono percepite come ostacoli temporanei o addirittura come opportunità, piuttosto che come impedimenti.

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