Quasi tutte le decisioni che prendiamo nella vita producono un risultato intrinsecamente incerto. Ciò che cambia è il grado di incertezza: esistono eventi stimabili con un margine di errore ridotto, ed eventi che invece non sono affatto prevedibili.
Nel campo delle politiche economiche, è stato sviluppato un indice che misura il livello di incertezza percepito in relazione a tali politiche. Almeno per gli Stati Uniti, questo indice si basa su tre parametri principali.
Il primo si fonda su ricerche testuali automatizzate su importanti testate giornalistiche. L’obiettivo è rilevare il sentiment trasmesso dai media, e quindi quello percepito dagli operatori economici, in particolare retail.
Il secondo parametro si basa sul Survey of Professional Forecasters, un sondaggio periodico condotto dalla Federal Reserve Bank di Philadelphia, che raccoglie previsioni macroeconomiche da un gruppo di esperti. L’indicatore misura la dispersione tra le previsioni riguardo variabili chiave legate alla politica economica, come l’indice dei prezzi al consumo e la spesa pubblica federale e statale.
Il terzo parametro considera il numero e il peso economico delle disposizioni temporanee del codice fiscale federale in scadenza. Più numerose e rilevanti sono queste scadenze, maggiore è l’incertezza, poiché non è chiaro se tali misure verranno rinnovate, modificate o abbandonate.
Ora che conosciamo la struttura di questo indice, possiamo affermare che rappresenta uno strumento efficace per sintetizzare in un solo grafico il livello di incertezza legato alla politica economica di un Paese.
Grafico Stati Uniti:

Grafico mondiale:

Un altro indice interessante è Il TPU index (Trade Policy Uncertainty Index), che si basa su ricerche testuali automatizzate negli archivi elettronici di sette quotidiani: Boston Globe, Chicago Tribune, Guardian, Los Angeles Times, New York Times, Wall Street Journal e Washington Post.
L’indice viene calcolato contando, per ciascun quotidiano, la frequenza mensile degli articoli che trattano l’incertezza sulla politica commerciale.
Di seguito un grafico che mostra l’evoluzione della media a 30 periodi di questo indice

Questi tre grafici sintetizzano efficacemente la situazione attuale: un’estremizzazione dell’incertezza legata alla politica commerciale globale, che si riflette anche sulle politiche economiche dei vari Paesi. In particolare, le misure adottate dagli Stati Uniti stanno innescando reazioni a catena, spingendo altri governi ad adottare contromisure economiche.
Questo clima di incertezza ha generato un crescente interesse verso asset non americani, considerati in questo momento più attraenti. Le scelte politiche degli USA, infatti, hanno risvegliato anche l’Europa, portandola a considerare l’adozione di politiche economiche più espansive e orientate al mercato.
Se è vero che un certo grado di volatilità, e quindi di incertezza, può fare bene ai mercati, poiché, come abbiamo detto, la destabilizzazione può generare nuova stabilità, è altrettanto vero che un protrarsi di una situazione estremizzata nel tempo può determinare, sia dal punto di vista economico che finanziario, vincitori e vinti. Nessuno può sapere con certezza quando questo periodo si concluderà, ma è probabile che il 2025 rappresenti un anno di consolidamento per le grandi capitalizzazioni americane, aprendo spazi di crescita per aziende europee e asiatiche, che potrebbero beneficiare di nuovi flussi di capitale.
Attualmente, i mercati finanziari sono in attesa del 2 aprile, data in cui gli Stati Uniti annunceranno nuovi dazi. In questi giorni, Trump ha anticipato l’intenzione di rivedere la strategia sui dazi, rendendola più flessibile e orientata a una logica di reciprocità, cioè basata sui dazi che gli altri Paesi applicano alle importazioni dagli USA. I mercati hanno reagito positivamente a queste dichiarazioni e ora si aspettano un approccio più moderato, senza dazi eccessivi o mirati a specifici settori.
Vedremo cosa accadrà il 2 aprile e, soprattutto, come i mercati ci arriveranno. Una cosa è certa: dobbiamo prepararci all’ormai abituale imprevedibilità del presidente americano.