All’inizio di ottobre è emersa la notizia che il gestore miliardario Stanley Druckenmiller ha iniziato a shortare i titoli di stato statunitensi e ha dichiarato che eviterà di comprare le azioni cinesi, nonostante il loro il rally.
Se non conosci Stanley Druckenmiller, è uno dei più noti gestori di hedge fund negli Stati Uniti. Ha lavorato a stretto contatto con George Soros e divenne famoso per l’operazione di short selling del 1992 sulla sterlina britannica, che fruttò un miliardo di dollari agli investitori del Quantum Fund di Soros.
Ci sono due motivi principali per cui è interessante discutere di questa notizia.
Il primo è che gli investitori professionali raramente seguono il pensiero della massa. Chiunque può constatarlo: basta ascoltare le opinioni dei giornalisti finanziari degli ultimi mesi o quelle delle persone meno informate, che probabilmente hanno sostenuto il rally cinese o l’acquisto di bond con l’idea che il calo dei tassi li avrebbe fatti salire – una convinzione alquanto discutibile.
Per questo motivo, la nostra filosofia d’investimento si basa sull’evitare asset eccessivamente “inflazionati” (non solo in senso letterale), preferendo invece quelli trascurati in un dato contesto storico, ma che offrono un elevato valore intrinseco.
Ecco perché, da mesi, consigliamo cautela sui bond, in particolare su quelli con scadenze a lungo termine, evitando nuovi acquisti e mantenendo in portafoglio solo le posizioni già esistenti. Stesso motivo per cui, la scorsa settimana, abbiamo pubblicato un articolo intitolato “La trappola dei bond”, e all’inizio di questo rally cinese abbiamo deciso di vendere Alibaba (BABA), l’unico titolo cinese presente nei nostri portafogli modello.
Il secondo motivo per cui citiamo Druckenmiller è per mettere in guardia riguardo al tempismo di certe dichiarazioni. Se Druckenmiller ha una posizione short sui bond statunitensi che copre il 12% del suo fondo e ne ha parlato pubblicamente, è probabile che il suo ingresso sia avvenuto a livelli diversi rispetto agli attuali. Tuttavia, la sua analisi sulla solidità – o apparente solidità – del debito pubblico degli Stati Uniti merita comunque attenzione.
Questa è la situazione attuale sui bond decennali statunitensi: il rendimento è salito dal 3.6% al 4.1% in circa un mese, causando un calo del 4% nel prezzo dei titoli di stato:
Questa invece è la situazione attuale di Alibaba, uno dei titoli che ha contribuito al recente rally cinese. Come mostra il grafico, anche oggi, nel pre-market, il titolo registra un calo di circa il 4%:
Inoltre, desideriamo cogliere l’occasione dello short di Druckenmiller per evidenziare un aspetto rilevante nella costruzione attuale dei portafogli e, più in generale, nell’allocazione di liquidità verso i titoli di stato.
I bond stanno progressivamente perdendo appeal, anche a causa dei rendimenti medi più bassi, che limitano il potenziale di apprezzamento dei prezzi dei titoli di stato in caso di recessione o shock economico. Per esempio, se oggi i rendimenti dei Treasury si dimezzassero, un investitore con in portafoglio un decennale guadagnerebbe circa il 20%. Tuttavia, se i rendimenti dei Treasury fossero al 12% e si riducessero al 6%, l’apprezzamento dei titoli di stato sarebbe intorno al 50%.
Questo fenomeno di perdita di attrattiva è alimentata dalle politiche fiscali sempre più espansive e dall’aumento dello stock di debito, oltre che da politiche monetarie accomodanti, che influiscono negativamente sulla percezione di sicurezza e sulla remunerazione del capitale offerta dai titoli di stato. Di conseguenza, gli investitori sono sempre più propensi a considerare altri asset rifugio oltre ai bond.
Chiaramente, questo ragionamento si basa su livelli di tassi che non vediamo da decenni; proprio per questo è essenziale riconsiderare continuamente le nostre allocazioni, adattandole ai tempi attuali. Non possiamo affidarci a modelli antiquati che non riflettono più gli scenari odierni.
Passando alle considerazioni generali sui mercati, non ci sono stati cambiamenti significativi rispetto alla scorsa settimana. Manteniamo una visione moderatamente rialzista sui mercati azionari fino alle elezioni, mentre preferiamo concentrarci sulle scadenze più brevi per quanto riguarda i mercati obbligazionari.
Le aspettative per un taglio dei tassi entro la fine dell’anno restano piuttosto stabili: i Fed Funds attualmente prezzano due tagli dello 0.25% con una probabilità congiunta dell’82%, mentre il restante 18% considera possibile una politica monetaria più restrittiva (o meno espansiva), con un solo taglio dei tassi entro la fine dell’anno.
È importante ricordare che questi tagli non rappresentano, di per sé, un cambiamento drastico di politica monetaria, ma fanno parte di un processo di normalizzazione necessario. Rimangono però incertezze sulla rapidità e sul contesto in cui tale processo è stato avviato, caratterizzato da condizioni economiche ancora espansive e potenzialmente rischiose per l’inflazione.
Lunedì scorso, il governatore della Fed, Christopher Waller, ha ribadito che la Federal Reserve continuerà a basarsi sui dati per le decisioni future, monitorando attentamente i dati sull’inflazione, il mercato del lavoro e la domanda dei consumatori. Ha anche sottolineato che, a causa dei recenti uragani e del significativo sciopero alla Boeing, potrebbe risultare difficile interpretare con precisione i dati mensili sul mercato del lavoro di ottobre che verranno pubblicati il primo novembre.
Pertanto, attendiamo la pubblicazione dei dati per osservare l’evoluzione della situazione, ma nel frattempo continuiamo a formulare aspettative sul futuro prossimo, trasformandole rapidamente in azioni operative concrete.
Infatti, come ha detto in un recente intervento il nostro strategist Tony Cioli Puviani: “Questo è un gioco di anticipo, e l’unica cosa che conta è arrivare prima di quelli che pensano di arrivare prima, per vendere loro a caro prezzo qualcosa che considereranno scontato.”