Il puzzle della guerra: l’impatto controintuitivo sui mercati

“Compra al suono del cannone, vendi al suono della tromba” 

è un antico detto delle guerre napoleoniche, attribuito al finanziere londinese Nathan Rothschild, che ancora oggi risulta essere attuale. 

Suggerisce che l’inizio di una guerra sia un momento propizio per acquistare asset, e la fine della guerra o la de-escalation di un conflitto siano un buon momento per vendere gli asset in portafoglio.

Questo consiglio si basa sul fatto che gli investitori spesso reagiscono in modo eccessivo alle cattive notizie riguardanti una guerra imminente, portando a una sottostima degli asset, e allo stesso modo reagiscono eccessivamente alle buone notizie della fine di una guerra, portando a una sovrastima degli stessi.

Oggi, vogliamo esaminare l’impatto controintuitivo che le guerre hanno sui mercati finanziari e come possiamo cercare di sfruttare queste situazioni, visti i continui conflitti mondiali.

In economia, la risposta a molte domande generalizzanti è spesso “dipende”, poiché il risultato di un ragionamento dipende sempre dal contesto e dalla situazione specifica e può essere difficile da generalizzare. Pertanto, in questa analisi, ci concentriamo su delle situazioni specifiche, così da riuscire a dare una risposta concreta alla domanda: qual è l’impatto delle guerre sugli asset azionari?

Ci sono due principali tipologie di conflitti.

Quelli che scoppiano senza preavviso e senza segnali pregressi che allarmino gli operatori, e quelli che seguono un periodo di tensione. Nel secondo scenario, è fondamentale distinguere due fasi: nella prima, quando i cannoni sono ancora silenziosi, il pericolo di guerra aumenta e le notizie di un possibile conflitto dominano le prime pagine dei giornali, con eventuali pause di speranza per una risoluzione pacifica. Successivamente, nella seconda fase, scoppia la guerra vera e propria.

Da uno studio del Swiss Finance Institute intitolato “Il dilemma della guerra: effetti contraddittori dei conflitti internazionali sui mercati azionari” emerge un pattern piuttosto peculiare sulla differenza del comportamento azionario in base a queste due tipologie di conflitto.

Da un lato, quando la probabilità di una guerra aumenta, i prezzi delle azioni tendono a diminuire, mentre crescono quando ci sono segnali di una risoluzione pacifica. Tuttavia, all’interno dello stesso contesto bellico, l’effettivo inizio della guerra porta ad un aumento dei prezzi delle azioni. 

Questa discrepanza diventa ancora più sorprendente se consideriamo le evidenze riguardanti le guerre inaspettate, dove si osserva invece una diminuzione dei prezzi delle azioni una volta che la guerra ha inizio. Questo scenario non è facilmente conciliabile con l’idea che i prezzi delle azioni riflettano le aspettative sullo sviluppo economico futuro di un paese.

Una spiegazione che sembra plausibile è che gli investitori mostrino avversione all’ambiguità. Inizialmente, l’incertezza sulla probabilità di inizio di una guerra porta le persone a evitare il mercato azionario, determinando una diminuzione dei prezzi delle azioni. Questo effetto si attenua una volta che diventa evidente l’inizio effettivo della guerra e l’incertezza viene ridotta. 

L’inizio del conflitto è visto come un segno di risolutezza, inducendo gli investitori ad acquistare azioni. In altre parole, gli investitori preferiscono la certezza, anche se questa implica l’inizio di una guerra.

L’analisi delle conclusioni di questo studio ci porta inevitabilmente a confrontarle con quanto avvenuto nei recenti conflitti Russia-Ucraina e Hamas-Israele.

Questi due eventi confermano come l’impatto della guerra sui mercati finanziari dipenda principalmente dall’effetto sorpresa o meno. Nel caso del conflitto Russia-Ucraina, l’escalation crescente ha portato, il 24 febbraio 2022, all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Il giorno dell’invasione i mercati azionari sono saliti, mantenendo una tendenza positiva per circa un mese, con solo una piccola correzione.

Ecco il grafico dell’indice Nasdaq 100 (molto simile ad altri indici). Il cerchio in verde indica la candela del 24 febbraio 2022:

Invece, nel caso dell’attacco di Hamas contro Israele, è stato diverso: l’attacco del 7 ottobre 2023 è stato inaspettato, almeno dal punto di vista dell’opinione pubblica. Questo ha portato inizialmente a una lieve salita dei mercati azionari, seguita subito da una correzione profonda, oltre il 6% dal massimo relativo. Quando il conflitto si è stabilizzato, gli indici hanno ripreso la loro salita.

Ecco il grafico dell’indice Nasdaq 100 (molto simile ad altri indici). Il cerchio in verde indica la candela del 9 ottobre 2023, il primo giorno di mercati aperti dopo l’attacco:

Potrebbero sembrare movimenti simili, ma nel primo caso il prezzo non è mai sceso sotto il minimo raggiunto il giorno dell’invasione del 24 febbraio. Nel caso del 7 ottobre, invece, il minimo è stato ampiamente superato a ribasso.

Questi sono eventi ormai passati, ma visto il clima di tensione mondiale, l’analisi di queste situazioni può aiutarci a modellare le nostre mosse nel caso in cui ci siano altri scoppi di conflitti. 

Quello che abbiamo imparato è che il punto cruciale è la valutazione dell’incertezza degli operatori e come questa si sviluppa in tensioni che possono poi portare al conflitto.

Ad esempio, nel caso di Taiwan (che sembra essere il prossimo conflitto più probabile), la tensione per una guerra si protrae da molto tempo, con esercitazioni cinesi intorno all’isola e svariate dichiarazioni semi-belliche. In questo scenario, potremmo ipotizzare che se il conflitto dovesse iniziare gradualmente, potremmo vedere un ulteriore aumento dei prezzi delle azioni nei giorni dello scoppio, seguito da una correzione nelle settimane o nei mesi successivi.

Questa strategia può essere adottata sia in forma speculativa sia per determinare il timing di mercato per effettuare degli investimenti o liberarsi di alcuni asset in un momento strategico.

Chiaramente, questo articolo non vuole essere esaustivo sulla questione perché l’analisi sarebbe molto più approfondita e andrebbe valutata situazione per situazione, considerando anche l’evolversi del conflitto. Tuttavia, avere delle linee guida su cui basarsi in un momento in cui il panico è diffuso può fare la differenza tra il profitto e la perdita.

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