Gli sconvolgimenti economici e sociali che sono seguiti alla pandemia ci hanno improvvisamente riportato in un mondo in cui l’inflazione è tornata ad essere un problema. Per i quindici anni precedenti avevamo pensato si trattasse ormai di un fenomeno del passato. Neanche le economie monetarie più espansive erano riuscite a riportare la crescita dei prezzi verso l’obiettivo del 2% annuo.
Lo spettro era quello della deflazione che avrebbe certamente significato un freno alle attività produttive e ai consumi e avrebbe reso i debiti pubblici insostenibili, aumentandone il valore reale.
Invece, il coincidere di problemi dal lato dell’offerta a causa del blocco delle catene produttive mondiali con imponenti programmi di espansione fiscale volti a sostenere la capacità di consumo delle famiglie, ha costituito un cocktail micidiale per riattivare aumenti dei prezzi ad un ritmo che non si vedeva da decenni.
Ecco quindi che, tra gli investitori, è tornata la domanda di asset che proteggono dall’inflazione. È così tornato in voga l’oro e le materie prime.
Tra i bond si è cominciato invece a guardare con maggiore attenzione ai titoli indicizzati all’inflazione.
Qui sono però cominciati i problemi. Si tratta infatti di titoli che vengono acquistati molto volentieri dagli investitori in quanto tutti vogliono uno strumento finanziario che li “protegga” dall’inflazione.
Il problema, per gli inflation linked, è che la questione è un po’ più complessa perchè questi titoli presentano tecnicismi spesso abbastanza oscuri agli investitori.
Se consideriamo ad esempio il maggiore ETF sui TIPs, i titoli legati all’inflazione emessi dal Tesoro statunitense, notiamo come il fondo ha fatto registrare nel 2022 una performance negativa di oltre il 12%. Questo proprio mentre l’inflazione toccava il suo massimo oltre il 9% nel corso dell’anno.
Evidentemente, non necessariamente i titoli legati all’inflazione performano bene quando l’inflazione sale. Questo potrebbe apparire come un controsenso.
Vediamo quindi in che senso i titoli indicizzati proteggono dall’inflazione.
Un titolo obbligazionario convenzionale garantisce un certo rendimento. Si tratta di quello che viene definito rendimento nominale. Non è noto al momento dell’acquisto quale sarà invece il rendimento reale, il rendimento cioè al netto dell’inflazione che si manifesterà nel corso della vita del titolo.
Un titolo indicizzato all’inflazione garantisce invece un determinato rendimento reale. Supponiamo che un titolo inflation linked venga emesso con la promessa di garantire il 2% reale. Qualsiasi sia il valore assunto dall’inflazione nel corso della vita del titolo, l’investitore sarà sicuro, a meno di default dell’emittente, di ricevere un rendimento reale pari al 2%.
Come viene raggiunto questo obiettivo?
Per corrispondere il rendimento reale prestabilito, il capitale e le cedole del titolo inflation linked vengono costantemente rivalutati sulla base di un determinato indice dei prezzi. Se il livello dei prezzi sale, capitale e cedole vengono rivalutati in linea con l’aumento dell’inflazione per lasciare inalterato il rendimento reale.
Nel caso dei TIPS, ad esempio, il loro valore nominale, o capitale, si adatta all’andamento dell’indice dei prezzi al consumo (CPI). Se l’inflazione aumenta, il valore nominale dei TIPS cresce proporzionalmente; in caso di deflazione, diminuisce.
Dunque, per un bond convenzionale a tasso fisso, capitale e cedole rimangono inalterati nel corso della vita del titolo. Per un titolo inflation linked variano invece insieme all’inflazione.
Conviene quindi sempre comprare un titolo legato all’inflazione vista la garanzia in termini di rendimento reale? Non necessariamente. Dipende da quale sarà l’inflazione che si realizza rispetto a quella che era l’inflazione attesa al momento dell’acquisto del titolo.
Facciamo un esempio. Supponiamo che, oltre ad emettere titoli legati all’inflazione che rendono il 2% reale, lo stesso emittente offra anche titoli convenzionali al 5% di rendimento nominale.
Per l’investitore la scelta è quindi tra un rendimento nominale del 5%, di cui non conosce però quale sarà il corrispondente rendimento reale perché non sa quale inflazione si produrrà, e un rendimento del 2% che invece è garantito per qualsiasi valore dell’inflazione.
La differenza tra il 5% (rendimento nominale) e il 2% (rendimento reale) rappresenta proprio quella che è l’inflazione futura attesa al momento dell’acquisto del titolo, che viene detta anche break-even inflation. Come abbiamo detto, infatti, il rendimento reale non è altro che il rendimento nominale al netto dell’inflazione.
Quando converrà quindi un bond indicizzato all’inflazione rispetto a un bond convenzionale? Se nel corso della vita del bond l’inflazione media che si verificherà sarà maggiore di quella attesa al momento dell’acquisto, cioè del 3%, si rivelerà conveniente l’acquisto del bond indicizzato all’inflazione, e viceversa.
Supponiamo, ad esempio, che nel corso della vita del bond si verifichi un’inflazione pari al 10%. Tornando al nostro esempio precedente, il bond convenzionale, che paga cedole pari al 5% e restituisce un capitale invariato, offrirà un rendimento reale chiaramente negativo; invece, il bond legato all’inflazione rivaluterà sia capitale sia cedole in modo da garantire sempre un rendimento reale pari al 2%.
Nel caso opposto invece in cui l’inflazione dovesse risultare minore rispetto a quella attesa, sarebbe risultato conveniente l’acquisto di un bond convenzionale. Supponiamo ad esempio un’inflazione pari allo 0%. Il bond convenzionale avrebbe un rendimento reale pari al rendimento nominale del 5%. Questo si rivelerebbe chiaramente superiore rispetto al rendimento reale del 2% garantito dal bond inflation linked.
Questo se teniamo il bond fino a scadenza. Ma che cosa succede durante la vita del bond stesso prima della scadenza?
Quello che inganna spesso l’investitore è il non considerare che anche i titoli legati all’inflazione hanno un rischio tasso misurato dalla duration. Nei titoli convenzionali la variazione del prezzo del titolo è descritta dalla duration moltiplicata per la variazione dei rendimenti nominali.
Per un titolo inflation linked invece la duration misura la variazione del prezzo del titolo per una determinata variazione dei rendimenti reali. Il calo delle quotazioni nel 2022, nonostante un aumento dell’inflazione, è stato dato proprio dall’aumento dei rendimenti reali.
Per concludere,
- un titolo obbligazionario indicizzato detenuto fino a scadenza garantisce un determinato rendimento reale
- nel corso della vita del titolo il prezzo di questo si muove inversamente rispetto all’andamento dei tassi reali
- l’acquisto di un titolo indicizzato è da preferire se si pensa che l’inflazione futura sarà maggiore dell’inflazione attesa implicita nel prezzo del titolo stesso.